Indipendenza energetica futura in Italia

Indipendenza energetica: ecco come l’Italia può raggiungerla

Nucleare, fotovoltaico e gas naturale possono costituire una solida base per una strategia di indipendenza energetica nazionale, in cui un ruolo cruciale è svolto dall’idrogeno a basse emissioni. È necessario agire rapidamente: la domanda di energia elettrica continuerà a crescere.

Giovanni Baroni

Fondatore di Billoo – Osservatorio Billoo

 

A seguito delle prime risorse stanziate dal Consiglio Europeo per promuovere le energie rinnovabili, la mobilità sostenibile e la transizione digitale attraverso il Next Generation EU, la guerra in Ucraina – scatenata dall’invasione delle Federazione Russa – ha spinto l’Italia a lavorare alacremente per migliorare gli sforzi verso una transizione energetica sostenibile ma inevitabile. Le sanzioni economiche e finanziarie imposte dall’Occidente contro la Russia hanno causato una crisi delle materie prime senza precedenti. La necessità di recidere i legami con Mosca – da cui importavamo gas a basso prezzo – ha costretto l’Italia a rivedere la propria strategia di approvvigionamento energetico.

Per affrontare questa sfida, l’Italia sta diversificando le fonti di energia, aumentando la cooperazione con i paesi dell’Unione Europea e investendo in fonti energetiche innovative. L’obiettivo principale è ridurre la dipendenza del nostro Paese da un’unica potenza straniera.

In questa direzione, il PNRR prevede quasi 6 miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili per raggiungere questo obiettivo.

 

Il legame tra decarbonizzazione e transizione energetica

Decarbonizzazione e transizione energetica vanno di pari passo. Senza l’una non esiste l’altra. Oltre che a livello economico e climatico, agiscono e impattano a livello strategico, politico e sociale. Per ridurre, e in futuro eliminare, le emissioni di gas a effetto serra si deve gradualmente diminuire l’uso dei combustibili fossili, passando a fonti di energia rinnovabile.

Un ruolo determinante nel processo di decarbonizzazione dell’economia lo svolge la digitalizzazione: se da un lato essa ha un impatto importante sulle emissioni, dall’altro lato i processi digitali possono migliorare l’efficienza energetica delle fabbriche e la decarbonizzazione della filiera automotive.

Inoltre, per accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, è essenziale che la classe politica investa nell’elettrificazione. In particolare, bisogna aumentare la quantità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in modo tale da ridurre le emissioni di Co2.

 

Qual è il ruolo dell’idrogeno (blu e verde) nella transizione energetica?

Materia prima e vettore energetico, l’idrogeno può svolgere un ruolo molto importante nella transizione energetica dell’Italia. La combustione dell’idrogeno non emette anidride carbonica e può essere utilizzato nelle celle a combustibile per generare energia elettrica. Sebbene l’idrogeno non esista allo stato puro sul nostro pianeta, può essere ottenuto scindendo molecole come l’acqua o lo stesso gas naturale.

Riconosciuto dalla Commissione Europea come uno degli elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2050, l’idrogeno ha fatto molti passi avanti negli ultimi anni, diventando noto diventando noto anche al grande pubblico. Un aiuto importante è arrivato dal PNRR, che ha dato una spinta significativa a numerosi progetti legati all’idrogeno. Può considerarsi un vettore pulito e una delle leve per decarbonizzare la filiera industriale e ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Tuttavia, è importante essere chiari: l’idrogeno non è intrinsecamente senza emissioni. Un rapporto presentato dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) in collaborazione con Environmental Defense Fund Europe (EDFE) si mostra come l’idrogeno abbia un impatto rilevante sul clima quando viene immesso nell’atmosfera. Nei primi 20 anni dal suo rilascio, il ruolo dell’idrogeno nel riscaldamento climatico è maggiore di quello dell’anidride carbonica. L’ultimo pacchetto dell’UE è importante perché definisce in che misura l’idrogeno aiuterà l’Europa a raggiungere gli obiettivi climatici, riconoscendo anche i problemi potenziali legati all’idrogeno.

Un altro problema legato all’idrogeno riguarda i costi. L’obiettivo dei prossimi anni potrebbe essere quello di importarlo a costi competitivi attraverso pipeline dal Golfo Persico, dove viene prodotto a costi bassissimi, circa un centesimo a kWh. Oppure produrlo attraverso il nucleare, che potrebbe portare il costo a 3 euro al chilo nel 2030, con ulteriori riduzioni negli anni successivi. È chiaro che, attraverso il nucleare, la capacità di produrre idrogeno pulito aumenta significativamente.

 

Cresce la domanda di energia elettrica in Italia

Dai dati pubblicati da Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, nel 2022 il consumo di energia elettrica è stato di 297 TWh. La produzione nazionale, al lordo delle perdite, è stata pari a 286 TWh, mentre le importazioni hanno raggiunto 9,6 TWh. Apparentemente, la dipendenza dell’Italia dagli altri paesi sembra limitata, ma la questione è strettamente legata al modo in cui si produce l’energia elettrica.

La principale fonte di produzione di energia elettrica in Italia è il gas naturale. Questo combustibile è considerato uno dei più puliti tra i fossili: la sua combustione produce minori emissioni di inquinanti atmosferici e di anidride carbonica rispetto al carbone o ai prodotti petroliferi per la stessa quantità di energia. Inoltre, il gas naturale è più conveniente dal punto di vista economico, motivo per cui l’Italia fa molto affidamento su di esso per la produzione di energia elettrica. Nel 2022, il gas naturale ha contribuito per il 48% alla produzione di energia elettrica. Se consideriamo anche altre fonti fossili come carbone e derivati del petrolio, la percentuale sale al 64%.

Le fonti rinnovabili contribuiscono per il 34%; fotovoltaico ed idroelettrico per quasi il 10% ciascuno, l’eolico per il 7%, mentre i rifiuti e le biomasse per il 6%. Le fonti geotermiche svolgono un ruolo marginale.

Mentre le fonti rinnovabili sono prevalentemente nazionali, diverso è il caso del gas naturale. Nel 2022, il consumo nazionale di gas naturale è stato di 51 GSmc, di cui il 23% è stato utilizzato per produrre energia elettrica, mentre il resto è stato destinato ai consumi domestici e industriali. La produzione nazionale di gas naturale si attesta a 3 GSmc, pari solo al 5% dei consumi. Pochi anni fa, la produzione nazionale aveva raggiunto i 18 GSmc, ma il disimpegno delle aziende nell’esplorazione e produzione di gas naturale su base nazionale ha drasticamente ridotto questi valori.

 

Come rendere l’Italia più green ed indipendente?

La guerra in Ucraina e la transizione energetica sono solo due fattori che spingono l’Italia verso una maggiore indipendenza energetica. Tuttavia, è importante considerare che la domanda di energia elettrica nel nostro Paese crescerà inevitabilmente nei prossimi anni. La politica dovrà quindi affrontare la necessità di installare nuova capacità energetica. Se la curva dell’elettrificazione dei consumi è destinata ad aumentare, anche l’offerta, ovvero la produzione di energia, dovrà crescere di conseguenza.

Due fattori chiave possono contribuire a migliorare la capacità dell’Italia di produrre energia elettrica. In primo luogo, è fondamentale superare il tabù sull’energia nucleare e puntare su questa, oltre che sulle fonti rinnovabili. L’Italia dovrebbe avviare un percorso educativo e informativo sui benefici del nucleare, costruendo reattori di ultima generazione capaci di produrre energia pulita e in grande quantità. Sebbene l’energia nucleare produca una quantità costante di energia, la sua scarsa modulabilità rappresenta un limite, simile a quello del fotovoltaico, che è poco costante e non programmabile.

Per questo motivo, è importante riconoscere che l’energia derivante dalla produzione di gas naturale non può essere eliminata del tutto, poiché è l’unica fonte di energia altamente programmabile. Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, può decidere quanta energia produrre in base alle necessità. Nucleare, fotovoltaico e, in misura minore, gas naturale possono costituire insieme una buona base per una strategia di indipendenza energetica nazionale.

Tuttavia, ogni sforzo potrebbe risultare vano se lo Stato non affronta un altro problema che affligge da anni il nostro Paese: la burocrazia. Nonostante i pochi incentivi esistenti, gli operatori del settore devono affrontare lungaggini e impedimenti burocratici che rappresentano uno dei maggiori disincentivi agli investimenti. Ad esempio, imprenditori che cercano di costruire impianti fotovoltaici spesso vengono bloccati a causa della vicinanza a beni culturali, come chiese o castelli, anche se situati a chilometri di distanza.

In media, in Italia ci vogliono quattro o cinque anni per autorizzare un parco fotovoltaico, con tutti i rischi legati all’aumento dei costi. Queste lungaggini rallentano il processo di transizione energetica, sempre più urgente.

Una semplificazione burocratica è quindi necessaria per accelerare questo processo e rendere l’Italia più green ed indipendente.

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